Un'ultima occhiata a UFC 191. Ai suoi protagonisti, alle nostre aspettative e a quel che sta nel mezzo.
Com’è andato UFC 191?
Non l’ho ancora capito. Non ho ancora deciso se è stato un
bell’evento o non così tanto.
È quel che mi succede quasi sempre quando Demetrious Johnson è protagonista nel main event.
È quel che mi succede quasi sempre quando Demetrious Johnson è protagonista nel main event.
Ottimo sicuramente non lo è stato.
Lo sono stati i preliminari, ma il programma principale è rimasto al di sotto delle aspettative. E non perché le aspettative fossero troppo elevate, bensì perché quel che hanno brillato nella main card sono stati i limiti di alcuni atleti piuttosto che i loro pregi o le loro vittorie.
Nessuna prestazione ha fatto saltare i telespettatori sulla
sedia o infiammato il pubblico dell’MGM.
Alcune sono state buone. Quella di Demetrious Johnson ancora
una volta eccelsa, ma è mancato l’urlo, è mancata l’adrenalina.
Forse è più facile dare un voto.
Ci provo: 7,5. Media aritmetica tra il 7 della card
principale e l’8 dei preliminari.
Ma andiamo con ordine.
Demetrious Johnson: voto 8,5
La sua prova rasenta, tecnicamente, la perfezione, ma
bisogna essere severi con chi può prendersi un 10 e porta a casa un 8,5.
Come da lui stesso ammesso a fine incontro, non ha voluto
prendersi nessun rischio. Eppure è così straordinariamente bravo che potrebbe rischiare di chiudere ogni incontro prima del
limite. Potrebbe rischiare di fare qualcosa di spettacolare, rischiare di far saltare i tifosi sulle sedie, di farli gridare d’entusiasmo
invece di farli fischiare. Potrebbe rischiare di entrare nella storia dell'UFC.
Non lo fa e forse ha ragione lui.
Non lo fa e forse ha ragione lui.
Ha doti da Messi, ma preferisce fare il Pirlo.
John Dodson: voto 5
Per quel che (non) ha fatto meriterebbe un 2, ma ha una
grande attenuante: un avversario fenomenale.
Spaesato e senza idee, è stato completamente ammutolito da
DJ. Quel che è peggio è che sembra essersi rassegnato alla sconfitta molto prima della fine dell’incontro.
Dovrebbe seriamente considerare l’ipotesi di salire di
categoria.
È rimasto poco per lui da fare nei pesi mosca: ha già perso
due volte contro Mighty Mouse e l’UFC non gli garantirà facilmente una terza
opportunità, anzi.
Al contrario, nei pesi gallo potrebbe ritrovare quella linfa
vitale che sembra aver smarrito da un paio di incontri a questa parte. Ha
velocità e forza nelle mani a sufficienza per fare il salto. Ne sa qualcosa il
campione TJ Dillashaw, messo ko dal "Mago" nel 2011, nella finale dei pesi gallo
di The Ultimate Fighter 14.
Al bivio.
Al bivio.
Frank Mir vs Andrei Arlovski: voto 5,5
Ho corretto il voto.
Di primo acchito avevo dato un 3, ma non ai due pesi massimi:
a noi spettatori e tifosi. Ci aspettiamo troppo da due atleti trentaseienni che
hanno chiaramente già dato i loro anni migliori al mondo delle MMA.
Sono dei guerrieri pieni di esperienza, che non mollano mai
e da buoni pesi massimi quali sono, hanno sempre il ko nella mano.
Il problema è quando questo non succede. Quando nessuno dei
due trova una soluzione rapida o si annullano a vicenda e il match si trascina
in acque profonde. Lì gli anni si fanno sentire sulle spalle come sacchi di
sabbia, i tanti chilometri percorsi dentro l’Ottagono e i chili di troppo.
Lenti, spenti e stanchi, hanno offerto uno spettacolo non
all’altezza delle aspettative che abbiamo appiccicato loro.
Hanno dato il meglio, ma non è bastato.
O
meglio: non ci è bastato.
Anthony Johnson: 7
Sono un tifoso di Anthony Johnson, eppure non mi è piaciuto
quel che ho visto in quest’incontro.
Certo, ha vinto per ko e mostrato un buon wrestling, però
non è un bel segnale quando hai già il fiato corto alla fine del primo round.
Era già successo contro Daniel Cormier e si è ripetuto sabato notte. Se vuole continuare a cullare sogni di gloria dovrà probabilmente rivedere la sua strategia.
Andare all in
sulla tua capacità di mettere ko gli avversari in meno di due round può funzionare, com'è successo sabato, puoi addirittura conquistare il titolo in questo modo, ma è stato
proprio contro il campione che tale strategia ha fallito.
Paige VanZant: 7
Bella prova come al solito della giovane speranza del Team Alpha Male.
Le hanno messo di fronte un'avversaria tagliata su misura per lei e non ha tradito le attese.
Le hanno messo di fronte un'avversaria tagliata su misura per lei e non ha tradito le attese.
Ha vinto, ha sottomesso la sua avversaria, ha dominato ogni
secondo dell’incontro, ha soli 21 anni e un cuore grande così.
Ma deve migliorare: tecnicamente è ancora debole e se contro avversarie impreparate come Alex Chamber (voto 4) puoi permettertelo, difficilmente grinta e cuore saranno sufficienti contro atlete più quotate come Cláudia Gadelha o Joanna Jedrzejczyk.
Il problema tuttavia è mentale, non tecnico.
“Ho lavorato su un sacco di tecniche in preparazione all’incontro, ma ovviamente è volato tutto fuori dalla finestra e l’ho messa sulla rissa come sempre,” ha dichiarato a fine incontro.
Quando mette piede dentro l'Ottagono va in modalità berserk e lascia che sia più il cuore che la testa a dettare il corso degli eventi.
Lavorare sull'aspetto mentale è ben più arduo che imparare
qualunque tecnica, ma "Calibro 12" sembra avere tutto quel che serve per continuare a evolvere nella giusta direzione: è giovane, piena di talento e voglia di lavorare. Non c'è fretta.