Il campione UFC dei pesi mediomassimi rende onore ad Alexander Gustaffson e aspetta Jon Jones: “Quando gli permetteranno di combattere, combatteremo.”
È un Daniel Cormier mai visto prima d’ora quello che si è presentato ieri notte in sala stampa dopo l’epica battaglia contro Alexander Gustaffson nel main event di UFC 192.
Visibilmente provato, dolorante, un occhio nero e il viso
coperto di abrasioni e botte.
"Mi
sento abbastanza rotto,” ha dichiarato Cormier. “Non ne ho mai prese così tante in vita mia. Gustaffson è duro. È un
ottimo lottatore. Mi fa male dappertutto. Bisogna essere onesti; bisogna dire
le cose come stanno: mi ha riempito di botte stanotte."
DC ha vinto e difeso per la prima volta la cintura
dei pesi mediomassimi vinta a maggio contro Anthony Johnson, ma non è stata una
passeggiata. Una vittoria per decisione non unanime (47-48, 48-47, 49-46) dopo
un incontro serratissimo e non privo di difficoltà per il capitano
dell’American Kickboxing Academy, in particolare nel terzo round, quando
Gustaffson l’ha prima colpito con una ginocchiata al volto e poi mandato al
tappetto con due montanti.
"È
riuscito a darmene un altro mentre cercavo di allontanarmi. Sono più o meno
finito a terra,” ha riconosciuto Cormier.
DC ha confessato non ricordare nulla di quel round
e di aver cercato di ripercorrere quel che i suoi stessi compagni di squadra
avevano fatto in simili situazioni: Luke Rockhold strappando con le unghie e
coi denti la vittoria contro ‘Jacaré’ Souza a Strikeforce e Cain Velasquez a
dare anche l’anima contro Junior dos Santos per riconquistare il titolo dei
pesi massimi.
L’unica cosa che Cormier ha pensato è stata: “continua a prenderlo a pugni”.
“Sono quelle
situazioni che sogni quanto inizi a fare questo lavoro. Più che sognarle, vuoi
viverle. Vuoi viverle e uscirne vincitore.”
E così ha fatto: ne è uscito vincitore.
E l’ha fatto in un modo forse per molti inatteso:
invece di trascinare lo svedese al tappeto e trarre vantaggio dal suo
straordinario wrestling, Cormier ha preferito stare in piedi ed affrontare
Gustaffson laddove era visto per la maggior parte dei critici come
svantaggiato.
“Credo che
faccia capire alla gente che non sono solo un wrestler. Quando ho detto che
potevo battere Alexander Gustaffson lottando in piedi, la gente si è messa a
ridere. Hanno pensato, ‘figurati’. Ma io credo in quel che vedo tutti i giorni.
Non sono mai stato spinto tanto quanto mi succede quando mi alleno in
palestra.”
Cormier ha voluto anche spendere alcune parole nei
confronti del suo avversario
"Alexander
Gustaffson è durissimo. È uno dei migliori fighter al mondo. Questo sport ha
bisogno di lottatori come Gustaffson che danno tutto quel che hanno e ci
mettono l'anima contro i migliori fighter del mondo."
Dichiarazioni di grande stima e rispetto, in netto
contrasto con le parole di scherno da lui stesso proferite nelle ultime
settimane in vista dell’incontro.
“È il mio
lavoro vendere gli incontri. Ora sono in affari con l’UFC. Quel che faccio ha
un impatto diretto sul mio assegno.
Faccio del
mio meglio. Cerco di far si che la gente non sia indifferente. Puoi amarmi,
puoi odiarmi, basta che non ti sia indifferente. Che ti importi abbastanza da
guardare.
Però
Alexander si è guadagnato il mio rispetto. La verità è che me le ha suonate
stanotte e mi ha costretto a lottare ad un livello che nemmeno sapevo di poter
raggiungere. E lo devo ringraziare per questo.”
Cambiando discorso: pochi giorni fa, l’UFC ha
ufficialmente prenotato MGM per la prossima primavera nella speranza di
organizzare il suo primo evento a New York.
Ci sono ancora ostacoli legali da superare perché
il debutto nella Grande Mela si possa trasformare in realtà, ma non è un
segreto che Dana White vorrebbe portare con se al Madison Square Garden Jon
Jones, nato e cresciuto nello stato di New York. Il presidente dell’UFC ha
persino ventilato l’ipotesi di un supermatch con Chris Weidman, anch’egli di
New York.
Daniel Cormier sarebbe l’avversario naturale, ma è
lo stesso DC a escludere questa possibilità.
"Perché
dovrei permettergli di combattere dove farebbe più comodo a lui? No, deve
combattere dove possa vedere negli occhi della gente la rabbia che provano verso
di lui per quel che ha fatto.
Penso solo
che alla fin fine, quando Jones rientrerà, New York è l'unico posto in cui gli
darebbero il benvenuto invece che odiarlo velenosamente. È casa sua, perciò la
gente lo tratterebbe con cura, tiferebbero per lui, proprio come farebbero con
me se andassi a Lafayette, in Louisiana: non importa quel che faccio, tifano
sempre per me.
Penso sia il
miglior fighter di tutti i tempi e quando gli permetteranno di combattere,
combatteremo, ma non lo faremo a New York: potete prendere nota."