La MMAFA è stata creata con l'obiettivo di tutelare i diritti dei fighter: "Sono tutti stanchi di essere manipolati."
La strada è ancora lunga, ma il primo passo è stato fatto: è nata la prima Associazione dei Lottatori di Arti Marziali Miste (MMAFA).
La MMAFA è aperta a qualunque fighter proveniente da qualsiasi organizzazione e nonostante i suoi membri abbiano il diritto di mantenere l’anonimato, c’è chi preferisce esporre il proprio nome alla luce del giorno, come Jon Fitch, Nate Quarry, Ryan Jimmo e Brandon Vera.
La necessità di creare un’associazione si è fatta via via più pressante con la crescita e diffusione delle MMA in tutto il mondo. Il volume d’affari è aumentato vertiginosamente, con esso il denaro coinvolto e un ambiente che fino a poco tempo fa era gestito da appassionati di questo sport, è oggi sempre più nelle mani di uomini d’affari alla ricerca di profitto e meno attenti ai diritti o ai meriti dei lottatori.
Ed è qui che entra in gioco la MMAFA.
L’Associazione dei Lottatori “permetterà loro d’avere voce in capitolo su come la loro carriera e lo stesso sport evolveranno,” ha detto Jimmo a John S. Nash, di Bloodyelbow. “Permetterà loro di essere trattati come altri atleti professionisti. All’improvviso ci sarà un gruppo al tavolo delle trattative invece di voci individuali. Abbiamo più potere come gruppo.”
Concretamente, tra gli obiettivi principali della MMAFA c’è l’introduzione nelle MMA della legge Muhammad Ali, introdotta nella boxe nel 1999 per proteggere i diritti e il benessere dei pugili.
“Uno degli obiettivi principale sarà stabilire equilibrio tra il potere dei lottatori e quello delle organizzazioni,” spiega Jimmo. “Al momento nelle MMA i promoter assumono i fighter come collaboratori indipendenti. In questo modo, è quasi esclusivamente il promoter che stabilisce il compenso, l’accoppiamento degli incontri, le classifiche, i contendenti al titolo e quasi ogni dettaglio dell’accordo. Questo livello di controllo da parte dei promoter è uno dei motivi centrali per cui i lottatori attualmente ricevono circa il 10% dei ricavi generati, mentre il 90% va alle organizzazioni. L’introduzione decreto Ali ridistribuirà le forze. Con la legge Ali, i promoter non controllano né la classifica, né la disputa del titolo.
Di conseguenza, Jose Aldo e Conor McGregor, per esempio, potrebbero decidere quando combattere, dove combattere, decidere di occuparsi loro stessi di promuovere l’incontro o lasciare che i promoter facciano un’asta per acquisire il diritto di promuoverlo loro. Nella boxe, le organizzazioni di incontri competono tra di loro per accattivarsi le attenzioni dei pugili ed è per questo che i pugili guadagnano tra il 70% e l’85% o di più dei ricavi provenienti dagli incontri. È per questo che nel 2014 oltre 50 pugili hanno intascato oltre un milione di dollari.
Sotto il controllo dei promoter nelle MMA, i lottatori non si avvicinano neanche a quelle cifre.
Anche coloro che pensano di essere ben pagati ricevono le briciole lasciate nel piatto dai promoter. Vai nell’NBA e chiedi ai giocatori se far parte di un mercato libero ha portato beneficio a loro e alle loro famiglie.”
“Guardiamo anche solo a un piccolo aspetto della legge Ali,” aggiunge Quarry. “Il fatto che un promoter non avrà interessi economici legati ai lottatori cambia completamente il panorama per i fighter. Quando Zuffa firma assegni ai fighter per i loro camp e non ai loro avversari, nasconde positività ai test antidoping senza informare l’avversario, o passa palesemente assegni a certi atleti che vogliono ottengano successo… che queste possono determinare il risultato di un incontro in modo incredibile.
Fare un camp costa un sacco di soldi. Se il tuo avversario fa fatica a tagliare peso e il promoter gli dice di non preoccuparsi, che gli pagano un dietista o un personal trainer per prepararsi, mentre tu sei lasciato per conto tuo: questo è un promoter che investe in un lottatore. Nella boxe è illegale.”
Negli Stati Uniti, la creazione di associazioni di atleti di qualunque disciplina è una pratica largamente diffusa, per cui, come tiene a chiarire Nate Quarry, “non abbiamo bisogno di reinventare la ruota. Seguiremo i modelli adottati prima di noi dall’Associazione dei Giocatori dell’NFL, dell’MLB e dell’NBA. Rappresentano con successo i diritti dei giocatori da decenni.”
Non tutto è rose e fiori tuttavia.
La strada per la MMAFA è ancora lunga e irta di ostacoli. Innanzitutto la stessa Zuffa, società proprietaria dell’UFC, che naturalmente non vede di buon occhio la costituzione di un'associazione dei lottatori e la prospettiva di perdere introiti a loro favore.
“La situazione è più complessa di quel che sembra in superficie,” ammette Jimmo. “Quando ho cominciato a dedicarmi a questo progetto e a cercare di ristabilire un certo equilibrio nelle MMA, pensavo ci saremmo riuniti, avremmo eletto alcuni responsabili e via, avremmo iniziato. Non è andata così. Gruppi con particolari interessi come Zuffa hanno lobby che spingono perché certe leggi federali vengano approvate e in questo modo controllano il ritmo del gioco. Ora abbiamo anche noi le nostre lobby per contrastarli su questo fronte a livello federale.”
La sfida più grande secondo loro però è un’altra.
“Convincere i lottatori che hanno diritti e valore,” dice Nate Quarry. “Smettere di credere che i promoter, che li hanno trattati così male in passato, si preoccupino veramente per loro, più dei loro colleghi che vivono sulla stessa barca e condividono le loro stesse storie.
Se stai ad ascoltare i promoter, vogliono farti credere che non guadagnano un soldo bucato e che si preoccupano per te e il tuo futuro, più che dei guadagni. È successo in qualunque sport o professione.”
“In altri sport, come l’NFL per esempio, i giocatori partecipano a riunioni dove imparano come funzionano gli affari,” spiega Jimmo. “Ogni giocatore di football con cui ho mai parlato è incredibilmente istruito su come vanno gli affari. Ogni lottatore di MMA con cui ho mai parlato, escluse poche eccezioni, è incredibilmente ignorante su come vanno gli affari nel nostro mondo, su come cambiare e in quale aspetto. In ogni team di cui ho fatto parte c’erano sempre riunioni. Tutto di quel che si parlava è di allenamenti e orari. Non esiste nessun programma da nessuna parte per educare la comunità dei lottatori. Per qualche motivo, se un wrestler è pessimo nello striking lavorerà come un matto per migliorare il suo gioco in piedi, ma quando abbiamo tremende lacune nel modo in cui gestiamo i nostri affari sembrano tutti contenti di restare ignoranti.”
Non è solo l’ignoranza a impedire ai lottatori di far sentire la loro voce e difendere i loro diritti. È anche la paura. Il timore di ripercussioni da parte dell’UFC o di qualunque altra organizzazione. Questo è evidente anche nelle adesioni all’Associazione dei Lottatori di MMA. La maggior parte degli aderenti preferisce mantenere l’anonimato o perfino non farne parte, nel timore di perdere il loro lavoro.
“Tutti i lottatori con cui ho parlato ne sono in favore e amano parlarne a porte chiuse,” racconta Brandon Vera. “Nel momento in cui chiedo loro quando si uniranno? La prima ragione che dicono è che non possono permettersi di perdere il loro lavoro o contratto. Paura e privazione sono tattiche molto efficace.”
“Devo ancora incontrare un lottatore che non sia d’accordo con noi al 100%,” gli fa eco Quarry. “Sono tutti stanchi di essere manipolati, di perdere sponsor, di essere trattati come carne da macello. Reclamano i loro diritti. Ma come in ogni movimento che coinvolge monopoli, i lavoratori hanno paura di perdere quel poco che hanno.”
Anche i tifosi hanno dei timori: che un possibile – se non probabile - braccio di ferro tra organizzazioni e lottatori uniti in un’associazione possa condurre a scioperi e cancellamento di eventi, come già successo in passato sia nell’NFL, sia nel baseball.
“Chiederei loro se non si importano che un paio di card vengano cancellate in modo tale che i lottatori possano ottenere i loro diritti e l’opportunità di decidere come intraprendere le loro carriere,” commenta Quarry. “Spiegherei loro che quando i lottatori si sentono al sicuro in relazione al loro futuro, alle loro carriere, quando possono permettersi training camp adeguati, fisioterapia, integratori e tutto ciò di cui hanno bisogno, combattono molto meglio. Non riesci a farlo quando non puoi permetterti un massaggio durante la settimana in cui andrai in televisione per una pay-per-view.”
“Direi loro di dare un’occhiata allo spettacolo che offre l’NFL,” dice Ryan Jimmo. “Com’è ben fatto, come sono ben trattati i giocatori e quanto attraente e d’alto livello è lo spettacolo che offrono agli appassionati. Agli inizi, sono dovuti passare per situazioni simili a quel che stiamo vivendo noi ora. Lo stesso è successo nel baseball.
Abbiate pazienza: il meglio deve ancora venire, grazie agli sforzi che stiamo facendo.”
“Un’associazione può solo migliorare e rafforzare questo sport,” conclude Jon Fitch.