martedì 6 ottobre 2015

Conor McGregor ricorda #Go Big: "Fosse stato per me, avrei fatto il c**o a tutti"

Dopo aver attaccato tutti i colleghi presenti alla storica conferenza stampa, McGregor rincara la dose: "Sono dei vagabondi"








Il 3 di settembre scorso nel MGM Grand Garden Arena di Las Vegas, l'UFC organizzò una maxi conferenza stampa, chiamata per l'appunto '#Go Big', in cui presentò il fittissimo programma di eventi in serbo fino a fine anno.
Pronti a rispondere alle domande di tifosi e giornalisti, erano presenti 18 tra principali atleti dell'UFC.
La scena fu però dominata, rubata e incendiata dall'irriverente Conor Mcgregor che con la consueta spavalderia provocò e aggredì qualunque collega, senza distinzioni.

Aggredì verbalmente, chiaro.
Sebbene lui stesso ammetta che non avrebbe avuto remore a farlo anche fisicamente.

"Fosse stato per me, avrei fatto il c**o a tutti, non dubitarne," ha dichiarato ieri a The MMA Hour. "Praticamente, ho messo a ferro e fuoco la conferenza stampa. Sono volato a Dublino, in Irlanda, con la mia dolce, dolcissima cintura e i miei milioni di dollari e voglio aprire la strada al mio prossimo contratto a otto zeri.
Questo è quel che faccio: lascio che tutti sappiano, voglio che i miei boss che non erano là sappiano quel che offro, quel che valgo. Perfino incontri legati al mio nome ottengono lo stesso prestigio di un main event. Non c'è nessun altro fighter come me nell'UFC."  

Nonostante McGregor faccia volentieri sfoggio della sua cintura di campione interino dei pesi piuma, non sembra tuttavia attribuirgli molto valore.

"L'ho già detto: i numeri è che contano. Le cinture nell'UFC non significano nulla. Hanno consegnato a tutti una cintura; a José hanno consegnato una cintura: le cinture non significano nulla. I numeri comandano in questo ambiente e io comando i numeri."

'The Notorious', è chiaro, non sembra interessato a fare amici tra i colleghi dell'UFC e si scaglia anche contro Luke Rockhold, prossimo avversario di Chris Weidman nel co-main event dello stellare UFC 194, guidato dall'incontro dell'anno tra l'irlandese e il campione José Aldo.

"Chi è il tipo dei pesi medi, Luke? Stava dicendo [durante #Go Big], 'l'importante è essere il numero uno'. Guardavo quell'imbecille e pensavo, 'ma sentilo: crede di essere in un romantico spettacolo televisivo di lotta. Non dire minch***e. Sei un vagabondo'. È un vagabondo, come tutti gli altri, e volevo solo che lo sapessero." 

Secondo McGregor, il suo protagonismo non è solo giustificato, dovrebbe anzi essere ricompensato, perché attira l'interesse del pubblico, verso di lui e, di riflesso, verso i suoi colleghi e tutta l'UFC.

"È il mio nome che attrae il pubblico. Indipendentemente dai risultati, legarsi al mio nome significa essere nel main event. Questo è quel che dà il mio nome. Ti mette sotto i riflettori, dà prestigio.
Sono perfettamente cosciente che queste sono card dalle quali dovrei ottenere la mia fetta. Dovrei essere compensato anche per queste card. Mi sono limitato ad andare là e far sì che fossero a conoscenza dei fatti."