mercoledì 25 novembre 2015

Jon Jones a 360 gradi: dalla sospensione al ritorno.

Jones si è raccontato ad Ariel Helwani: dall'alcool a Ronda Rousey, da Daniel Cormier alla NAC, Vitor Belfort, il futuro nei pesi massimi e altro ancora.







Il Jon Jones che non ti aspetti, quello che si apre ai giornalisti e si racconta, senza veli, senza remore.
L'ex campione dei pesi mediomassimi non ha mai amato i riflettori, né si è concesso ai giornalisti più di quanto non fosse costretto a fare da obblighi contrattuali, eppure quello che si è aperto a Ariel Helwani è un Jon Jones forse nuovo, una nuova versione di se stesso. Forse, come dice lui stesso, l'incidente di aprile "è stata una benedizione" e gli ha consentito di rivalutare diversi aspetti della sua vita.
E davvero, nell'ampia intervista rilasciata a MMAFighting, Jones ha parlato di molti temi relazionati con la sua vita ed in particolare la sua carriera nelle MMA. 

Sulle feste tutte le settimane, anche prima degli incontri e di come le vittorie hanno in effetti peggiorato queste abitudini.

“Era una cosa normale per me [bere]. Ero un ragazzo che adorava le feste. Ero in grado di vincere gli incontri e sentivo che non mi creava davvero grandi problemi: uscivo il fine settimana e il lunedì mattina ero il primo ad allenarsi, più duramente di tutti gli altri."

Esiste un incontro su tutti, ha confessato, in preparazione del quale si è dedicato più alle feste e all'alcool che agli allenamenti.

"Onestamente, è stato quello con Gustafsson. A cammino dell’incontro, la gente diceva ‘è come Jon Jones’. E io pensavo ‘sì, è come me, ma non è me’. Me la sono spassato un sacco in quel camp. Ero sicuro che non mi avrebbe mai potuto battere, in nessun modo. Ma è vero che, dopo il secondo round, ero senza fiato. È stata la prima volta in tutta la mia carriera in cui mi sono sentito stanco nel secondo round. Questo mostra come il mio cardio, la mia concentrazione... mi mancava tutto. Il che è una follia, perché in realtà ho vinto l’incontro e sono sicuro che lui ha dato tutto nel training camp, eppure non è stato sufficiente per battermi negli ultimi round. Questo mi ha detto molto su me stesso. 
Onestamente è stata una parte del problema, perché ero sempre alle feste prima dell’incontro con Gustafsson; ho quasi perso; ovviamente ho vinto comunque l’incontro; e ho vinto l’incontro con la consapevolezza che non mi meritavo di vincere quell’incontro. Quello è stato veramente ciò che ha fatto sì che non prendessi niente sul serio: il mio cuore, la mia volontà da sole mi avevano permesso di andare fino in fondo a quell’incontro. Così ho iniziato a pensare ‘posso divertirmi e fare il mio lavoro comunque’. […]. Ho impiegato messo molto tempo a capire che avevo un problema, perché ero in grado di occuparmi della mia famiglia, ero in grado di vincere gli incontri, ero in grado di nasconderlo al mondo. Fumavo erba, bevevo tre, quattro volte alla settimana e riuscivo a gestire la mia vita senza difficoltà, quindi non pensavo di aver problema. Ma ora che sono completamente pulito, so che avevo senza dubbio un problema."

Sul ritiro del titolo.

La storia racconta che l'UFC si è riunita con lui pochi giorni dopo l'incidente d'aprile e deciso di strappargli il titolo dei pesi mediomassimi e sospenderlo a tempo indeterminato. Jones offre sfumature nuove sulla natura di quell'incontro.

“Sono venuti alla riunione; mi hanno chiesto come stavo e ho capito che erano pronti a chiedermi se avevo ancora intenzione di fare l’incontro o no; ho detto loro che non ero interessato a combattere; ho detto loro che volevo prendermi una pausa dagli incontri per un bel po’ di tempo; ho detto loro che non mi sentivo in condizione di concentrarmi sull’incontro con così tante cose in testa. Sapevo che la settimana dell’incontro sarebbe stato un inferno, che i tifosi mi avrebbero attaccato come meritavo di essere e in quel momento non avevo il coraggio di passare per una cosa del genere. Quindi, ho detto loro ‘fate quel che dovete fare’ e allora mi hanno risposto ‘sai, probabilmente ti toglieremo il titolo e ti sospenderemo a tempo indeterminato’, al che ho detto loro ‘onestamente, non me ne frega un ca**o’. È proprio quel che ho detto. E a quel punto mi hanno tolto la cintura e fatto quel che dovevano fare. Senza dubbio, il giorno dopo è stata dura rendermi conto che non avevo più la cintura: è stato un giorno molto lungo per me quello.”

Ciò nonostante, Jones ha l’impressione che qualora avesse deciso di combattere con Johnson il mese successivo, l’UFC avrebbe accettato.

“Ovviamente possono dire che la situazione era differente, ma ho avuto la netta impressione che, se fossi stato pronto per combattere, mi avrebbero lasciato combattere. In particolare perché all’epoca non avevo ancora nessun processo in corso, niente di niente, quindi sicuramente mi avrebbero lasciato combattere.”

Sulla NAC.

A dicembre dell'anno scorso, la Commissione Atletica del Nevada testa Jon Jones per cocaina quando non dovrebbe farlo, fuori dal periodo degli incontri. Come se non bastasse, rende pubblico il risultato delle analisi, macchiando un po’ la sua immagine.

“Un po’? Un sacco. Non voglio occuparmene molto adesso. Ho sentito alcune delle cose che il Nevada fa [la NAC]: il modo in cui hanno punito Nick Diaz per cinque anni; il modo in cui hanno reso pubblico il mio test sulla cocaina. Ho l’impressione che quella commissione abbia bisogno di essere controllata in qualche modo. Possono fare quello che vogliono a chi vogliono. Primo o poi qualcuno farà qualcosa e questionerà il loro potere, o almeno penseranno a un modo per controllare quel che possono e non possono fare. Ora come ora hanno troppa libertà. Ho tre anni di tempo per denunciarli per quel che mi hanno fatto. Sicuramente hanno rovinato… voglio dire, io non ho il diritto di prendere cocaina, ma loro non hanno il diritto di testarmi quando gli pare e piace e poi renderlo pubblico. Ho sentito parlare di questa storia della cocaina più di ogni altra cosa che ho fatto nella mia carriera, per cui senza dubbio mi hanno messo in grandissima difficoltà. Diciamo solamente che non me ne sono dimenticato.”

Sulle rivelazioni di Deadspin.

Poche settimane prima di UFC 152 (settembre 2012), Vitor Belfort sarebbe risultato positivo al testosterone, ma, autorizzato dall’UFC, combatte comunque e quasi rompe un braccio a Jon Jones.

“So perfettamente quello che è successo: Vitor Belfort prendeva steroidi quando ho combattuto con lui; l’UFC lo sapeva benissimo molto prima dell’incontro; non hanno fatto niente per punirlo; hanno lasciato che combattesse sapendo che avrei combattuto con uno che prendeva steroidi e che avrebbe potuto mettere a repentaglio la mia vita.
Tu cosa faresti? Io non so cosa farò al riguardo, non ne ho ancora parlato con l’UFC. I tifosi sanno quel che è successo. È un po’ quello di cui parlavamo prima sul potere, dell’UFC e della Commissione Atletica: prima o poi qualcosa si dovrà fare al riguardo. Ne parlerò con loro sicuramente, perché sono curioso di sentire la loro spiegazione."

Ad ogni modo, Jones sospettava che Belfort non fosse perfettamente pulito.

“Ricordo che al controllo del peso guardavo ai suoi addominali e pensavo, ‘amico mio, ho parecchi anni meno di te e sembri molto più definito di me’, e sapevo di essermi allenato piuttosto duramente in quel camp. Tutta la gente ha sempre sospettato che Vitor prendesse steroidi, ma sapere che mi hanno fatto combattere con lui sapendo ciò che prendeva è stato davvero uno schiaffo in faccia.”

Daniel Cormier una grande motivazione per Jon Jones?

“No. L’ho già battuto. Fossi stato sotto e l’avessi messo ko, era fortuna, sarebbe stato diverso, ma l’ho già battuto. L’ho battuto e ora ho la chiave. Sono uno che studia. Ho dovuto immaginarmi di trovarmelo di fronte per incontrare una strategia per batterlo. Ora ho già la chiave per batterlo, quindi sono curioso di vedere quel che mi permetterà di fare combattere contro qualcuno di cui possiedo già la chiave. È la prima rivincita della mia carriera e penso che sarà piuttosto incredibile.”

Sull’appoggio di Conor McGregor e soprattutto di Ronda Rousey.

“Ronda Rousey si è fatta sentire e anche Conor McGregor. Ronda mi ha dato molto supporto. Mi ha inviato vari messaggi. Mi ha perfino invitato a stare nella sua casa in spiaggia in California. Mi diceva ‘Jon, tutto si sistemerà e tornerai, c’è niente che possa fare per te? Se vuoi allontanarti da tutto ho una casa qui che pochi sanno dov’è: è la tua casa finché non ti rimetti’. Cose così ti dimostrano che, ‘cavolo, questa ragazza è sul tetto del mondo adesso e si preoccupa per me nel mio momento più brutto: è qualcosa che non dimenticherò mai.”

Sul passaggio ai pesi massimi.

Jones ha pubblicato delle immagini su Instagram in cui sembra più in forma e grosso che mai. Che stia preparando il salto?

“Ci ho pensato. La mia priorità è riottenere quel che ho perduto. Riprendermi la cintura e difenderla contro Anthony. Ho una questione in sospeso con Anthony Johnson. Credo sia giusto dargli l’opportunità.”

Il passaggio ai pesi massimi comunque è solo una questione di tempo.

“È inevitabile. Lo farò. Ora che ho sviluppato così tanta forza fisica so che posso dire la mia contro di loro. Mi sono misurato con pesi massimi durante tutta la mia carriera. Mio fratello maggiore era primo in classifica nella lotta libera degli Stati Uniti alle superiori e praticavo lotta con lui tutti i giorni: pesava più di 120 chili. Ho fatto sparring con pesi massimi durante tutta la mia carriera nelle Arti Marziali Miste; molto raramente faccio sparring con gente della mia stazza o più piccoli. Quindi, sono totalmente a mio agio a fare vari round con avversari grandi e ora che ho la forza di un peso massimo sono più che fiducioso in me stesso: sono più rapido e, a dire il vero, in questo momento sono fisicamente più forte di molti di loro, senza parlare delle mie capacità.”