mercoledì 20 gennaio 2016

Quando non combattere paga: Alvarez vs Pettis

Dopo una carriera costellata di cruenti battaglie, Eddie Alvarez ha annoiato tutti e ottenuto la più importante vittoria della sua carriera.







Domenica notte scorsa, per UFC Fight Night 81, Eddie Alvarez ha rubato il quaderno degli appunti di Rafael dos Anjos, inchiodato Anthony Pettis alla rete e, seppur senza mettere a segno colpi di particolare interesse, portato a casa una preziosissima vittoria ai punti. I tifosi hanno storto il naso: si aspettavano una guerra che li tenesse svegli nel cuore della notte; Alvarez ha storto il naso quando ha scoperto che un giudice ha ritenuto fosse stato Pettis a meritare la vittoria; io stesso, lo ammetto, ho storto il naso.
Forse è giusto così. Forse Alvarez ha vinto con merito per aver controllato l'Ottagono più di Pettis, mentre era chiaro che 'Showtime' non aveva nessuna intenzione di trascorrere 15 minuti incollato alla rete. Eppure non ne sono affatto convinto.

Innanzitutto perché Pettis ha fatto suo il primo criterio di giudizio degli incontri mettendo a segno il maggior numero di colpi effettivi nei primi due round (11/4, 25/16, 20/22 Alvarez nel 3º) - dati di Fightmetric.com, ma è bene ricordare che i giudici non hanno accesso a questi numeri. Sia chiaro, dopo la scoppola presa contro Dos Anjos, Pettis aveva il dovere di fornire una prestazione ben diversa e aver imparato a dileguarsi con più facilità dal clinch. Ciò non toglie che sia stato lui a centrare Alvarez e non viceversa. Se poi parliamo di controllo dell'Ottagono entriamo in un'area tinta di grigio più che bianco e nero. Controllo dell'Ottagono significa che un lottatore riesce a combattere dove preferisce, a dettare le sue condizioni e minacciare in questo modo l'avversario (qui il regolamento ufficiale). Ha raggiunto il suo obiettivo Alvarez, combattuto dove voleva e minacciato Pettis? RDA certamente sì, perché attraverso il clinch è stato capace di colpirlo e castigarlo. Non si può dire lo stesso di Alvarez però: ha cercato a tutti i costi di trascinare a terra Pettis e lavorare il ground&pound, ma c'è riuscito? La risposta è no. Zero g&p, zero tentativi di sottomissione, zero colpi significativi. In un certo senso si potrebbe quasi argomentare che una volta iniziata la fase di clinch è stato Pettis a raggiungere il suo obiettivo: non farsi colpire o sottomettere, non sottoporsi a g&p, né restare spalle a terra e, curiosità, ha messo a segno anche qui più colpi di Alvarez (6/3).
Per giungere alla conclusione che Eddie Alvarez ha dettato come e dove si sarebbe svolto l'incontro dobbiamo quindi premettere che il suo obiettivo non era né colpirlo, né sottometterlo: solo controllarlo. A questo punto però, l'aggressione va a farsi benedire, perché chi è stato più aggressivo è stato Pettis, che di controllare Alvarez non ne voleva sapere: lui voleva combattere e l'ha dimostrato - poco - in piedi, mettendo a segno un maggior numero di colpi effettivi, mentre era chiaro che Alvarez non attendeva altro che il momento opportuno per afferrare e controllare nuovamente il suo avversario.

Non voglio sembrare troppo duro nei confronti di Eddie Alvarez, uno che ha partecipato troppe volte in guerre e scazzottate selvagge, anche perché non è da biasimare se ha cercato di evitare il confronto diretto con un cacciatore di teste come "Showtime" e optato per una strategia pragmatica. Questo è un discorso generale, sul sistema di giudizio degli incontri nel mondo delle MMA - escluse eccezioni isolate - che premia il lay&pray (sdraiati e prega), che un fighter si aggrappi al suo avversario come un naufrago e ne impedisca i movimenti senza tuttavia cercare, o riuscire, a minacciarlo in modo alcuno.
Possiamo considerare costui il vincitore di un combattimento? O dovremmo forse premiare chi vuole sì lottare e mettere ko il suo avversario, ma non è in grado di divincolarsi?
Forse sarebbe più semplice se l'arbitro esigesse maggior attività da parte dei lottatori, o se, come accade nella boxe, colui che ingaggia il clinch nell'evidente intento di mettere in stallo il confronto venisse penalizzato agli occhi dei giudici.
Forse la soluzione migliore è un'altra ancora, ma è evidente che è necessario trovarne una.