L’UFC condanna il comportamento di Johnson, protagonista settimana scorsa di una violenta discussione con una donna.
Anthony
Johnson l’è cavata con una tirata d’orecchie dall’UFC.
È
questo in sostanza il modo in cui si è concluso l’ennesimo incidente che ha visto ‘Rumble’ da una parte e una donna
dall’altro.
Settimana
scorsa, secondo quanto descritto dallo stesso peso mediomassimo
dell’UFC su Facebook, si trovava in una palestra i Florida quando
una donna ha deciso di fare stretching nella zona dove lui stava
sollevando pesi. Johnson a quel punto ha perso la pazienza, ha
aggredito verbalmente la donna e gettato via il suo tappetino di
yoga. I due hanno iniziato a discutere animatamente finché la donna,
in lacrime, si è diretta verso la ricezione per lamentarsi
dell’accaduto.
Johnson
ha deciso così di continuare il diverbio su Facebook, dove l’ha
ripetutamente offesa e minacciata di fare lo stesso qualora
l’episodio si fosse ripetuto.
Venuta
a conoscenza dell’accaduto, l’UFC ha deciso di prendere
provvedimenti e aprire un’indagine.
Ora
che si è conclusa, l’UFC ha emesso il seguente comunicato
ufficiale.
“Dopo
una completa indagine condotta da uno studio legale esterno, l’UFC
si dichiara estremamente delusa dai recenti atti di Anthony Johnson,
poiché l’organizzazione non tollera comportamenti di questo genere
da qualunque atleta sotto contratto con l’UFC. Johnson si è
scusato personalmente con la donna che ha offeso verbalmente in una
palestra in Florida settimana scorsa e per i commenti insensibili che
ha fatto in seguito sui social media.
La
donna ha accettato le scuse di Johnson e espresso il desiderio di
mettersi alle spalle questo malaugurato episodio.
Per
garantire che situazioni simili non accadano in futuro, Johnson ha
accettato di ricevere consulenza psicologica e l’UFC lo aiuterà durante
questo processo. Johnson è inoltre impegnato a fare una donazione in
favore di un istituto di appoggio alle donne con sede in Florida.”
Considerando
i precedenti di Anthony Johnson in materia di donne, se l’è cavata
benone.
E
forse era ingenuo aspettarsi altro.
A meno di due settimane dall’incontro con Jimy Manuwa sono troppi gli
interessi in gioco per permettersi di castigarlo più severamente,
giusto o sbagliato che sia.
Premesso
che non sono convinto che l’UFC – o qualunque altra
organizzazione o azienda – debba sovrapporsi alla legge e emettere
un secondo giudizio sul comportamento dei suoi atleti. Detto questo,
una volta che decide di farlo, dovrebbe delegare l’onere ad un ente
superpartes, se tal cosa esiste, allo stesso modo in cui ha
giustamente deciso di contattare un studio legale esterno per
condurre l’indagine, o l’USADA e la NAC per realizzare controlli
antidoping.
Il
conflitto di interessi è troppo grande perché l’UFC possa
garantire un giudizio oggettivo sulla condotta dei suoi atleti.
Bocceremmo
mai i nostri figli se spettasse a noi deciderlo?
La
risposta giusta non è sì o no, la risposta giusta è “non spetta
a noi deciderlo”.