venerdì 28 agosto 2015

Può la tecnologia rivoluzionare le MMA?

Fightmetrics lancia il progetto Heatmaps: “L’obiettivo è quello di spiegare come funziona questo sport” 








Don’t leave it to the judges! Non lasciarla ai giudici!
Quante volte abbiamo sentito Dana White o Joe Rogan dirlo?

È sempre rischioso lasciare che siano i giudici a decidere l’esito di un incontro. A volte perché l’incontro è così equilibrato che decretare un vincitore diventa veramente difficile; altre volte i giudici sembrano semplicemente incompetenti.
In entrambi i casi, anzi, in ogni caso, il problema è sempre lo stesso: giudicare un incontro di MMA è una questione soggettiva. Certo ci sono dei parametri da seguire: colpi andati a segno, grappling, aggressione e controllo dell’Ottagono, ma bisogna ricordare che i giudici non hanno accesso a alcun dato che possa aiutarli. Ai telespettatori vengono frequentemente mostrati il numero dei colpi inflitti da ciascun atleta o anche il dominio al tappeto, ma ai giudici no. Risultato: la valutazione dei vari parametri è eseguita in base alla percezione di ogni singolo giudice.
La conseguenza, naturalmente, è che a volte un atleta che agli occhi di tutti sta vincendo un incontro, sia decretato sconfitto dalla giuria.
Com’è successo poche settimane fa a Michael Johnson contro Beniel Dariush a UFC Fight Night 73.

Eppure dati oggettivi come abbiamo visto ci sono. Allora perché non vengono disponibilizzati ai giudici?
In buona parte il problema è culturale: la fallacia dei giudici fa parte dello sport. Ne abbiamo un esempio del tutto simile a casa nostra: è lo stesso argomento difeso da chi si oppone all’introduzione della moviola nel calcio.
Un altro motivo, ben più razionale e comprensibile, è che i dati di cui disponiamo non la dicono tutta sull’andamento dell’incontro e possono quindi essere fuorvianti. Un esempio: immaginiamo un round in cui un wrestler mantiene al tappeto il suo avversario per 4 minuti su 5 e durante quel tempo gli sferra una cinquantina di pugni innocui; l’arbitro spazientito li rialza e nel minuto restante l’altro ne mette a segno 10 che mandano il wrestler sfigurato e barcollante all’angolo al suono del gong.
4 minuti su 5 di dominio, 50 colpi andati a segno contro 10: i numeri parlano chiaro, il wrestler si è aggiudicato la ripresa, giusto? No. Probabilmente no. L’Ottagono racconta una storia diversa.

Ciò non vuol dire però che l’analisi dei dati è un esercizio inutile e privo di senso. Vuol semplicemente dire che è al momento insufficiente. Bisogna raccoglierne di più.
Ed è esattamente questo l’obiettivo di Rami Genauer, fondatore e direttore di Fightmetric, la stessa compagnia, guarda caso, che calcola le statistiche mostrate durante gli incontri dell’UFC.
La loro innovazione più recente sono le “heatmaps”, le mappe di calore, rappresentazioni grafiche della posizione occupata da ciascun atleta durante l’incontro.

Torniamo un attimo a Michael Johnson vs Beniel Dariush.
I giudici hanno unanimamente assegnato il primo round a Johnson e il terzo a Dariush. Il pomo della discordia è stato quindi il secondo round, in cui due l'hanno assegnato a Dariush e uno a Johnson.
Durante quei cinque minuti Johnson a messo assegno un numero maggior di colpi, ma come abbiamo già avuto modo di capire, ciò non significa necessariamente che Johnson abbia vinto la seconda ripresa. L’analisi della heatmap rafforza però innegabilmente la posizione di The Menace.



L’immagine mostra non solo come si sono mossi i lottatori, ma anche che Johnson ha controllato il centro dell’Ottagono il 57% del tempo, mentre Dariush solo il 4%. Johnson è inoltre avanzato il 29% e arretrato il 13%; Dariush è avanzato il 14% e arretrato il 27%. Questi dati la dicono lunga su chi ha controllato l’Ottagono e chi è stato più aggressivo.

Il punto fondamentale, secondo Genauer, è che capire dove, per quanto tempo e in che direzione si muovono gli atleti dentro l’Ottagono, può essere tanto importante quanto il numero di colpi o di takedown messi a segno durante un incontro.

"È semplicemente una maniera diversa di mostrare lo stesso tipo di statistiche," ha detto intervistato da Luke Thomas per MMAFighting. "Registriamo la posizione e il movimento dei lottatori e la mappa di calore è un buona maniera di rappresentarli in un grafico o su un piano, così facendo puoi mostrare il tempo trascorso in una determinata posizione in modo più semplice e intuitivo.”

Per quanto le heatmaps siano visualmente utili, Genauer è convinto che l’importanza dei dati raccolti è che permettono non solo analizzare il modo in cui si muovono gli atleti, ma anche come questo può influenzare l’esito di un incontro, la decisione dei giudici e perfino la reazione dei tifosi.

“Prima di tutto, la cosa più importante è riuscire ad ottenere più dati possibili. Il nostro obiettivo è quello di spiegare come funzionano questo sport e gli incontri. Ci saranno incontri in cui i colpi non spiegheranno com’è andata, in cui i takedown non spiegheranno com’è andata. Uno degli elementi potrebbe essere l’utilizzo dello spazio e il movimento, o la direzione del movimento. Si è già visto più di una volta. Indipendentemente da chi mette a segno il maggior numero di colpi, il lottatore che avanza è considerato colui che sta vincendo. I giudici sicuramente gli danno valore. Credo che anche i tifosi e i commentatori lo facciano.”

“Quindi, se potessimo quantificare quel tipo di informazione, a quel punto avremmo aggiunto un altro fattore allo sport. Potremmo capirlo meglio. Potremmo dire che è molto importante essere il lottatore che avanza.”

“Con dati di movimento sufficienti, puoi iniziare a rispondere a certe domande. Quella che trovo più interessante è, ‘Sarà che i giudici guardano davvero solo a colui che avanza? È più importante avanzare che colpire?’ Magari è difficile dire, basandosi sui colpi, chi sta mettendo a segno ognuno di loro, invece è molto facile vedere chi avanza e chi arretra.”

“Perciò, se sei un lottatore che arretra, ti stai forse mettendo pericolosamente in svantaggio anche se stai mettendo a segno un maggior numero di colpi perché, se si va alla decisione, i giudici non te la daranno? Fondamentalmente sono predisposti a darla al lottatore che avanza. Questa è una di quelle domande che può far cambiare strategia, può cambiare il modo in cui si commenta o un sacco di altre cose se si rivelerà essere vera o falsa.”

L’incontro tra Conor McGregor e Dennis Siver (UFC Fight Night 59) ad esempio, analizzato con l’aiuto della heatmap rivela uno dei fattori chiave della vittoria dell’irlandese.


“McGregor contro Siver è un ottimo esempio di successo nel controllo del centro. Quel che si vede è una ciambella. È il centro dell’Ottagono e Siver ha una grande macchia vuota. Dai un’occhiata al grafico di McGregor vedi che ha riempito il buco della ciambella, a tal punto che tutto l’arancione e il giallo sono esattamente al centro, precisamente dove non c’è Siver.”

“Se guardi l’incontro, è una di quelle situazioni in cui pensi, ‘Per quale motivo Siver non fa nulla per evitarlo? Come può compiacersene? Perché lascia che McGregor lo continui a bersagliare?’ È molto, molto difficile vincere un incontro dal perimetro se il tuo avversario ti fa continuamente circolare, perché non riesci mai a posizionarti. Non riesci mai a dare forza ai colpi, al contrario di chi è stabile che può scattare in avanti in un momento.”

“La maggior parte delle volte, se vieni colpito mentre ti muovi lungo il perimetro, significa che stai perdendo.”

Donald Cerrone vs. John Makdessi, UFC 187


“Nessuno dei due lottatori è lungo il perimetro. Entrambi sono piantati al centro. Non si muovo per niente. Lottano corpo a corpo, scambiandosi colpi.”

Jon Jones vs. Daniel Cormier, UFC 182


“Questo è un esempio di un incontro passato tutto contro la rete o, come minimo, nel clinch. Ci sono ampie zone dell’Ottagono in un round di cinque minuti, eppure moltissime sono praticamente immacolate perché hanno trascorso tantissimo tempo contro la rete. Non è una cosa interessante che mostrerei al pubblico, ma la mostro a te per farti vedere che ci sono differenti esempi di movimento o avvenimenti che appaiono in maniera diversa nelle mappe di calore.”

T.J. Dillashaw vs. Joe Soto, UFC 177


“Loro non hanno passato nemmeno un secondo contro la rete. È tutto nello spazio libero. Non hanno coperto tutto l’Ottagono, Si può vedere che si sono concentrati nella parte nord-nord ovest, ma allo stesso tempo, si muovono costantemente. Come puoi vedere la distanza percorsa è di 925 metri. Per il momento è la maggiore che abbiamo registrato in un round tra due lottatori. Hanno percorso molta superficie e usato una considerabile porzione di Ottagono nel farlo.”

Travis Browne vs. Andrei Arlovski, UFC 187




“Usano parecchio Ottagono. Non è come l’incontro tra Cerrone e Makdessi dove le cose potrebbero andare allo stesso modo – Arlvoski e Browne restano in piedi a scambiare colpi – ma lo fanno ad un altro livello perché si muovono dentro l’Ottagono, occupano differenti zone dell’Ottagono, non restano fermi.”

Cat Zingano vs. Amanda Nunes, UFC 178







“Questa è stata la distanza più corta percorsa in un round tra le due. Hanno fatto 56 metri. Zingano ne ha fatti 9 per attraversare la gabbia, per cui se togli quei 9, hai un totale di 47 metri in due in cinque minuti.”

Col tempo e un numero sufficientemente grande di dati, la tecnologia Fightmotion sarà in grado di rispondere anche ad altre domande relazionate con la performance degli atleti e il risultato degli incontri. Potrà ad esempio dire se il tempo trascorso, durante l’incontro, da un determinato atleta vicino al suo angolo gli permette di lottare meglio e quanto influenza gli avvenimenti seguenti. Sarà forse in grado inoltre di stabilire quanto varia la probabilità di mettere a segno un takedown in relazione alla distanza tra gli atleti e capire quindi in che misura la gestione della distanza e del movimento possano essere la chiave del successo di un takedown.
In futuro, tali ricerche si potrebbero anche allargare ad analisi per categoria di peso, fascia etaria, sesso e altro ancora.

La raccolta di dati legati al movimento degli atleti è un progetto ancora in fase di sviluppo ed ha i suoi limiti.
Innanzitutto, per il momento sono in grado di analizzare solo la distanza percorsa, non il movimento di un atleta.

“Se qualcosa se ne sta ferma in un posto e ruota, non conta, non hanno mosso il centro di gravità.”

Come nel caso della heatmap dell’incontro tra Cat Zingano e Amanda Nunes. Entrambe molto attive, ma al tappeto, per cui il movimento del centro di gravità è scarso: la heatmap avrebbe mostrato lo stessa imagine se entrambe fosse rimaste ferme a chiacchierare.

Inoltre, Fightmatric raccoglie dati avvalendosi di una camera posta al di sopra dell’Ottagono e unicamente dedicata alla raccolta di questo tipo di dati. Ciò significa che è attualmente impossibile ottenere dati di eventi passati e di vecchi incontri.
Tuttavia, Genauer fa notare che il crescente numero di eventi organizzati annualmente dall’UFC sminuisce sensibilmente il problema.

“Fino al 2006, l’UFC ha organizzato solamente circa 800 incontri. Riesci a oscurare i primi dieci anni di esistenza dell’UFC in quasi un anno ora.”

L’evoluzione delle heatmap permetterà, in ultima analisi, di dare profondità a dati che fino ad ora non sono stati più che il loro valore numerico: 15 calci, 2 takedown, 25 pugni alla testa. In futuro saremo forse in grado di spiegare come sono nati quei colpi, perché hanno avuto successo e in che modo hanno cambiato le sorti dell’incontro.

“È davvero la prossima frontiera. Se guardare ai dati della prestazione è stata una prima fase, la prossima fase è trasformare quei dati bidimensionali in tridimensionali. Ora puoi vedere i risultati o quel che è successo, ma come ci sono arrivati? Dovrebbe aiutarci a completare il quadro, magari spiegare quei numeri meglio, in modo meno astratto.”